Italian Wine, Folk & Pop

written by 20maValeriaVictrix

Naevus

Spiritual front

Ain Soph

David E. Williams

Der Blutharsch/Varunna

Saturday 23 October 2004 - Deposito Giordaniìs Pordenone

Prefazione / Postfazione

Rodolfo Protti non si arrende. E' blandamente polemico con tutti quelli che hanno snobbato il suo tentativo di creare, anche in Italia, un duplice appuntamento fisso annuale. Perché, se il 3° Congresso Post-Industriale aveva avuto un successo più che discreto in materia di presenze e un più che buon successo riguardo alla qualità dei gruppi presenti, lo stesso non si può purtroppo dire del 1° Congresso Neo Pop'n'Folk che ha ritrovato protagonisti, ad appena sette mesi di distanza, Pordenone, il Deposito Giordani e Old Europa Cafè.

A mio avviso, i fattori di tanta latitanza da parte del pubblico (specie di quello del Nord e del Nord-Est in particolare), posso essere vari: in primo luogo la notorietà delle bands in questione che, pur non togliendo assolutamente nulla alla qualità, sono rimaste - oppure si sono appena ritagliate un posto di nicchia nel panorama musicale italiano – di fatto, Ain Soph anche se si può considerare ormai un gruppo “storico” ha un seguito piuttosto ristretto nel nostro Paese, così come Spiritual Front che ha contro pure il fatto di esser di più recente formazione; i Naevus non hanno ancora trovato la loro giusta collocazione, mentre David E.Williams è quasi uno sconosciuto!

Dall'altra parte la collocazione geografica di Pordenone non è tre le più felici – ma ecco che, per non smentirci, questo è un punto a sfavore non della città ma del pubblico del Nord-Est che non dimostra, ancora una volta, attitudine a supportare gli eventi di casa propria, salvo poi macinare km e km per spostarsi magari all'estero e successivamente criticare e lamentarsi delle scarse proposte italiane in tutti i forum in cui riescono a intrufolarsi.

Senza poi elencare le innumerevoli iniziative che ci sfilano sotto il naso in questo periodo, concerti già avvenuti o solo previsioni per un futuro assai prossimo – e mi riferisco ai Current 93, piuttosto che agli Psychic TV, o il Festival della Cold Meat Industry, i prossimi Ostara e i festeggiamenti per il Solstizio d'Inverno. A volte tutti questi appuntamenti (senza tener conto di quanto materiale ha a disposizione chi segue più di qualche scena, per esempio, il Rock, o l'Harcore piuttosto che l'elettronica) che si susseguono in un breve lasso di tempo, impongono di fare delle scelte (in fatto di tempo, di spostamenti e, perché no?, economiche) a favore di qualcosa e a sfavore di altro.

Non sto cercando giustificazioni, cerco solo l'obbiettività. Sta di fatto che l'iniziativa della Old Europa Cafè non è stata forse premiata nei risultati ma lo è stata sicuramente negli intenti.

Ciò che sta nel mezzo!

Fin da subito, dopo il successo del 3° Congresso Post – Industriale, sull'onda dell'entusiasmo, Rodolfo Protti decise di dar corso, a qualche mese di distanza, alla sua seconda iniziativa a cadenza annuale sotto di nome di “ Congresso “.

Accontentati nella prima parte dell'anno gli animi più rumoristi e perversi che trovano soddisfazione nelle, a tratti assordanti, a volte alienanti ma sempre disturbanti, manipolazioni industriali, complice la disponibilità di una bella location come i Deposito Giordani, il 23 ottobre ha visto la genesi del 1° Congresso Neo Pop'n'Folk.

Quattro i gruppi ufficialmente convocati: Ain Soph, Spiritual Front, Naevus e l'one man band David E.Williams. Due i dj per la serata, tra cui l'ospite d'eccezione Albin Julius.

Il Deposito Giordani, un ex complesso industriale riadattato nella periferia di Pordenone, è grande. Immenso, per chi è uso ai piccoli Club di provincia. E' una bella location culturale, sobria ed essenziale ma non trasandata, con un bel palco, i tavoli in vimini, i bagni grandi e puliti. Quando arriviamo, in ottima compagnia come sempre, le porte sono ancora chiuse ed il buffet è sotto assedio, con un David impazzito per la mortadella, i Naevus al sound-check e i presenti ancora sobri.

Dopo un po', a battenti aperti, si vede già da subito che in questa serata saremo pochi. Il locale, di per sé, è dispersivo, l'angolo più assiepato (assieme ai due bar) è senza dubbio lo stand di Old Europa Cafè, dai tavolini imbanditi con ogni ben di Dio: dai cofanetti ultra-limitati, a quelli ultra-chic, le tirature in 50 copie numerate a mano, le ultimissime uscite discografiche, le rarità dalla-Russia-con-rumore, i Survival kit col grappino e il coltello.

L'apertura vera e propria della serata è un po' posticipata rispetto alla tabella di marcia, di una mezz'oretta, ma è comunque presto: alle 21.30 dalla consolle si spegne la musica e sul palco appare il regalo di Rodolfo Protti ai suoi ospiti: in fila i tre Der Blutharsch Albin, Martynna e Joerge. Ben pochi sapevano di questa apparizione e tutti rimangono di sasso. Un mini-live di quattro pezzi con una sorpresa nella sorpresa: l'ultimo pezzo è affidato ad Alessio “ Varunna “ che, coadiuvato dai tre austriaci, si esibisce in una potente versione del “Il Fuoco!”. Varunna, già nella scuderia HauRuck!, dà la sensazione di sentirsi a suo agio sul palco, l'impatto emotivo è notevole mentre, in una specie di spoken-word, si sporge sul pubblico quasi a sfidarlo in un ferino corpo-a-corpo. Inutile sottolineare che Der Blutharsch non può che non essere accolto calorosamente, tanto più in questo doppio fuori-programma, per quanto breve e modesta sia stata la sua apparizione.

A Marco Wertham, novello show-man, è affidato il compito dare l'avvio vero e proprio a questa kermesse, ringraziando il pubblico da parte dell'organizzazione e presentando i gruppi che seguiranno.

Il primo è Simone Salvatori, alias Spiritual Front , che stasera è solo, senza la presenza degli altri tre elementi che compongono la sua band. Con fare scherzoso annuncia che le basi sono registrate, ma il suo spirito goliardico e la sua facciatosta da intrattenitore eccezionale mitigano in parte questa mancanza.

Nel suo stile molto alla “Nick Cave”, abbracciato alla chitarra e con alle spalle Marlon Brando in “Ultimo tango a Parigi”, Simone ci porta nel suo mondo infarcito di sangue, sesso e amore, in una strana magica alchimia, la voce senza sbavature, il suo modo di interagire coi presenti, discorsivo, ironico, istrionico. Simone è una soubrette che dialoga col pubblico, il quale a suo volta sta al gioco e si diverte, ascolta in silenzio “Autopsy for a love”, “No kisses on the mouth” (l'importanza del bacio sulla bocca), “Song for Johnny” e solo, voce e chitarra, “Soulgamber”, “ Empty “ “Ragged bed “.

Quando a salire sul palco sono gli Ain Soph , si nota immediatamente la mancanza della massiccia figura di ClaudEdi. Ma basta poco perché Marcello Spectrae e Steve Stroll, da soli, riescano a creare la magia della band al completo. Gli Ain Soph non hanno mai, purtroppo, raggiunto le vette di quella notorietà che, in tanti anni di “gavetta”, si sarebbero faticosamente conquistati. Tutti li conoscono ma quasi nessuno li ascolta. E' un vero peccato perché seguendo le parole delle loro canzoni è facile ritrovare quella sorta di poesia popolare che ha fatto la fortuna di tanti cantautori contemporanei. Il maniacale perfezionismo di Marcello fa sì che ogni pezzo sia eseguito al meglio delle loro possibilità, anche interrompendo e riprendendo più volte di seguito, e la batteria di Steve è come un frenetico tamburo di guerra che crea il ritmo dei loro assalti sonori. Tra i pezzi più conosciuti “Morte e disonore”, gli “Amanti tristi “ e “Cuore Nero”. Nota a margine: prima del concerto si discuteva, con Spectrae e Steve, sul fatto di come, in tutti questi anni di “militanza musicale”, gli Ain Soph abbiano sempre cercato di scrollarsi di dosso il marchio di “ band destroide”, riconducibile per tematiche e inclinazioni, ad una certa tendenza politica che è stata anche ampiamente strumentalizzata da filosofi dell'ultima ora. Ciò stride nettamente con la scelta del video proiettato durante il concerto: sbobinate le pellicole della Gestapo, ecco un susseguirsi di fosse comuni, gerarchi sorridenti in alta uniforme che posano per foto ricordo, vittime e carnefici, forche e campi di sterminio.

Lo abbiamo visto girovagare senza una meta e senza uno scopo per tutta la serata. Sembrava uno di quei personaggi atemporali che si sentono fuori luogo nella maggior parte delle occasioni, eppure sotto sotto a proprio agio ugualmente, spinto dalla curiosità di conoscere ciò che è alieno da sé. Silenzioso e dimesso, gentile con chiunque lo abbia avvicinato, David E. Williams , lontano anni luce dalla figura annoiata che si era cucito addosso, è lo sconosciuto più strampalato che io abbia visto sul palco ultimamente. Ce l'aveva ben data a bere di essere un signorotto a modo e forse anche un po' snob: dopo aver conosciuto il / la Genesis P. Orridge e Andrew King , questo è il personaggio più stralunato degli ultimi tempi. David è un pagliaccio serioso, divertente e divertito, ma così bizzarro da lasciare tutto il pubblico assolutamente interdetto. E la frattura della platea avviene quasi immediatamente: chi si allontana disgustato e chi invece, senza prenderlo e prendersi troppo sul serio, rimane sotto il palco e segue lo show fino alla fine. Dal canto suo David se ne frega, lui è così e si esibisce così, se ai sostenitori di Monsignor della Casa non garbano frizzi, lazzi e canzonature se ne vadano pure. Questo buffo menestrello d' America salta, ride, si contorce e mangia banane nel bel mezzo dello spettacolo, avvolto nella sua giacca di pelle, i capelli arruffati e le mano libera in tasca. In alcuni pezzi, come “Beautifull brownshirted man“, “Altar boy”, “Pumpernickel Crust” si fa accompagnare alla voce da Lloyd dei Naevus, e lo stesso suona per lui la chitarra in “Less Than Queer” e “Grey Balloon Masquerading”. A fine concerto il pubblico che lo segue è ridotto al minimo, giusto qualche persona a tributarli l'applauso finale che comunque ogni artista si merita.

Per molti il Congresso ha avuto temine dopo le esibizioni di Blutharsch, Spiritual Front e Ain Soph. Invece tocca ai britannici Naevus chiudere la serata. Ho avuto modo di vederli, on stage, a Londra poco più di un mese fa e, anche stavolta in Italia, confermano l'impressione che già ebbi allora: i tre ragazzi hanno assimilato fin troppo la lezione di mister Pearce e di mister Gira ma, vuoi per inesperienza, vuoi per la loro giovane età, vuoi perchè comunque gravitano continuamente in un ambiente ancora saturo di chi li ha preceduti, non hanno sviluppato una loro identità bene definita, che li allontani e li estrapoli dai luoghi comuni che ci fanno dire, per l'ennesima volta, “assomigliano troppo ai Death in June, si sente che adorano gli Swans , Oddio, un altro gruppo così non serviva proprio“. Eppure sul disco hanno una certa energia che nei live, piatti e monocorde, non riesce ad emergere. Penso al loro ultimo lavoro, l'apprezzabilissimo mini-cd con Knifellader, “Document Three “ su Terra Fria, un gioiellino di 6 pezzi, divisi equamente tra folk e industrial .Anche qui l'influenza DiJ la fa da padrone, ma gli arrangiamenti e la cadenza non li fanno apparire i brani scontati o simili a fotocopie di qualcun altro. Si concerto, purtroppo, si trascina stancamente, complice forse anche il fatto del disinteresse creato dalla precedente performance di Williams. La scaletta riproposta è sovrapponibile a quella londinese, “No, remember “, “Sail away”, “Vision, Rushed”, “The body speaks in tongue”, “ Don't boil”, “ South bank”. Sottotono com'è iniziato, i Naevus chiudono il live in sordina e mentre lo staff si dà da fare sul palco, la consolle prende vita sotto le bizzarre mani di Albin. Julis apre le cataratte della sua fantasia e sciorina una delle scalette più eterogenee che possa capitare di sentire in una serata del genere, in un crescendo di divertimento che culmina ne “ La barca” del Molleggiato nazionale.

Come in un noto spot pubblicitario “Il Deposito inizia presto e finisce presto….”, l'ora dei saluti e dei commiati ha fatto presto ad arrivare. Si scattano le ultime foto, ci si ricorda i prossimi appuntamenti, si fa l'ultimissimo commento alla serata.

Tutto il resto è storia.

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