FORESTA DI FERRO & HEKATE

Saturday 18 December - Jam Disco, Mestre (Venezia)

Originally appeared on Zero Magazine

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Come già accaduto quasi un anno fa, anche in occasione del Solstizio d'Inverno 2004 il Jam di Mestre ha organizzato un piccolo festival per celebrare la rinascita del Sole. E l'evento è di quelli ghiotti ed imperdibili dato che si tratta soprattutto di perfomances finora inedite in Italia. L'impegno dello staff Ascension ha portato sul palco due progetti dalle sonorità, idee ed emozioni evocate differenti ma unite da un punto comune da ricercarsi nell'assoluta validità della musica proposta, Hekate e Foresta di Ferro.

Gli Hekate sono molto noti all'interno della scena per essere un gruppo tedesco dove la loro intricata e frenetica vena strumentale si esibisce dal vivo nel meglio della sua espressività. Sono ormai più di 10 anni che sono in vita e la loro attività live ha sempre ricoperto un ruolo importante, tanto che la loro bravura è stata notata ed apprezzata da Gerhard al punto che l'omino austriaco li ha voluti con se come compagni per i concerti di Allerseelen. Dopo una selezione musicale in bilico tra neo folk e industrial, gli strumentisti tedeschi prendono posto sul palco del Jam e fin dalle prime note il concerto si dimostra meglio di quanto mi aspettassi. L'ottimo e coinvolgente assetto live è ben noto a tutti ma non mi aspettavo di certo una simile passione e carica che alla fin dei conti ha impressionato la maggior parte, se non tutta, del pubblico accorso, compresi alcuni avventori non propriamente ‘into the scene'. Sono in cinque, magistralmente accompagnati dalla presenza non ingombrante ma ugualmente trascinante di Axel, un uomo che interpreta questa occasione come la prima esibizione del gruppo, passione e carica emotiva sono al massimo del loro potenziale, senza dimenticare l'alta professionalità musicale che i restanti Hekate mostrano in tutta la loro umiltà. Gira voce che il pirotecnico concerto veneto è stato anche l'ultimo per la cantante (di cui non so purtroppo il nome) e forse è stato davvero così, tutti hanno notato che sul finire del live sì è posizionata in un angolino con una tristezza che dipingeva senza false emozioni il suo volto. C'è stato spazio per la vena più percussiva, se vogliamo, più ‘folk' della band tedesca, un set ricchissimo di percussioni, batteria (praticamente inesistente in ambito ‘neofolk'), chitarre acustiche, tastiere e strumenti tradizionali come bodhran e ghironda. E per completare il quadro di un'ottima perfomance strumentale, una menzione a parte va all'esecuzione vocale di Axel e dell'ispirata ragazza, struggenti, potenti ed emozionati. Semplicemente coinvolgente nella sua semplicità.

Dai toni seppiati e coloriti degli Hekate, si passa al grigio di uno spettacolo in totale divergenza con l'ensemble teutonico, la Foresta di Ferro con tutte le sue paure, i suoi timori e le sue idee. Il concerto è scarno, ridotto all'osso, svuotato e riempito con i dolori del tanto acclamato e intenso “Bury me standing”. E la title-track (preceduta dal consolidato rituale della Schlager Fest di Heino) accompagnata dal desolante suono del campanello apre il documentario drammatico che vede in scena Marco Wertham e Richard Leviathan, supportato da una selezione di proiezioni tra guerra, misticismo e fanatismi. L'introduzione è intensa ma penalizzata da un missaggio troppo basso che non dona al sound quel pathos violentemente cupo che il duo italo-inglese vuole schiaffarci in faccia. Con la successiva “Harmony of Pen & Sword” i volumi si fanno più corposi e potenti ed il sound globale soprattutto unito ai bassi evocativi della song riesce a fare da spartiacque alla sofferenza meditativa ed ascetica di “Militia Christi”. Con la coppia “Oak Leaf” e “Operation Valkrie” (del repertorio Ostara) la Foresta di Ferro entra in un mondo ormai antico ed impolverato tra apocalyptic folk e martiri di Dio. Un breve quanto intenso assetto acustico per riprendere aria dopo i fumi lancinanti delle intro. Ma sono attimi che durano pochissimo, l'ingresso sul palco del percussionista degli Hekate è un campanello d'allarme, la messa in scena dell'evocativa e disperata “In The Marble Cliffs” che mostra scene di battaglie aeree, kamikaze mossi dal vento divino ed un testo scandito con una violenza da far accapponare la pelle, “We will burn your cities down. One by One! One by One!”. Un brano che dal vivo acquista un suo perché. Ma anche “Kshatrya” con il suo frenetico e selvaggio lavoro percussivo elabora foschi e rabbiosi momenti di musica, un finale nebbioso, violento ed angosciante, un'ulteriore conferma che la musica industriale rappresenta un mondo pieno di paure e pensieri inquieti, senza provocazioni e denunce. E per finire davvero, un'uscita tra gli ambienti popolari di “Seppelliscimi in piedi” ed una timida anticipazione futura targata Foresta di Ferro.

La serata giunge al termine? Il popolo della notte è ancora nel pieno della sua vita, il dj set scorre tra alti e bassi, si dedica il tempo alla (tanta) bella gente accorsa ed a ultime pazze spese natalizie. A quanto il prossimo Solstizio?